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Domenica 16 Febbraio 2014 |
IMMIGRAZIONE: SOLIDARIETA’ O
EGOISMI
Da
anni arrivano in Italia, sbarcando sulle coste italiane, soprattutto su
quelle siciliane e in particolar modo a Lampedusa, migliaia di profughi. Il
Bel Paese rappresenta la frontiera più prossima al loro peregrinare e
rappresenta, forse a torto, il simbolo della liberazione da soprusi,
torture, violenze di ogni genere e, anche, il simbolo del sogno di anelato
benessere.
Essi provengono dalle zone più povere dell’Asia e dell’Africa, dal
Bangladesh, dai Paesi in guerra come la Siria, dal Centro Africa e dal Corno
d’Africa.
Fuggono dall’inferno causato da povertà e da stenti ma, soprattutto, da
guerre intestine di cui sono innocenti vittime.
Fuggono dai genocidi che proprio in questi giorni si stanno attuando sia in
Nigeria (per problemi di ordine religioso) che nella Repubblica
Centroafricana (per inimicizie tribali).
Consideriamoli dei sopravvissuti perché prima di arrivare da noi hanno
dovuto superare il difficile cammino attraverso i deserti, le zone impervie
disseminate da conflitti e da pericoli di ogni genere. Nel loro peregrinare
in cerca di miglior vita per se stessi e per i familiari diventano ostaggi
di grossi trafficanti che li rinchiudono in veri e propri lager fino alla
liberazione dietro versamento di ingenti somme di denaro raccolte a stento
dai familiari nei paesi di origine.
Ma la tragedia non è di certo finita. Vengono tenuti prigionieri come
animali in recinti appositamente costruiti. Pare di rivivere le condizioni
dei famigerati campi di concentramento di triste memoria storica.
I sopravvissuti riferiscono della Libia che rappresenta, ma soprattutto ha
rappresentato prima della caduta di Gheddafi, il crocevia dai paesi africani
per la “tratta degli schiavi del 21° secolo”.
Dopo aver consegnato ai negrieri il costo del pedaggio, vengono ammassati
come animali su fatiscenti barconi che, sfidando le avversità del mare,
giungono sulle coste italiane in condizioni pietose essendo stati oggetto di
violenze di tutti i generi, in particolar modo le donne.
E l’Europa sta a guardare inerte di fronte all’immane tragedia.
Molti dei profughi non riescono ad arrivare vivi in Italia perché i barconi
strapieni si rovesciano in mare. I trafficanti arricchiti, per non incorrere
in sicure condanne da parte della giustizia italiana, li buttano a mare
ancor prima di arrivare sui moli e non prima di aver intascato tutto ciò che
i profughi sono riusciti a portare con loro, la dignità compresa.
Il Ministero dell’Interno stanzia ed eroga somme di denaro per far fronte
alla accoglienza prima e alla permanenza poi nei centri a ciò abilitati. Ma
il denaro risulta essere troppo esiguo e, di conseguenza, gli immigrati
vengono depositati come merce nei centri di accoglienza o nelle comunità. I
centri, in particolar modo, diventano degli ammassi di carne umana ove non
sussistono le condizioni minime di igiene e di vivibilità.
Ed allora, ecco giustificate e condivisibili le rivolte a cui assistiamo dai
filmati trasmessi dai mezzi di informazione. D’altronde, occorre ripetere, i
fondi statali a disposizione risultano essere insufficienti ad assicurare
una adeguata assistenza.
Altro problema, non di minore importanza, è rappresentato dalle difficoltà
burocratiche per veder riconosciuto lo status di rifugiati politici. In
mancanza di tale riconoscimento, per lo stato italiano è come se essi non
esistessero. Abbandonati e disillusi nelle loro minime aspettative.
E l’Europa? La grande madre, in tal caso becera matrigna, è assente,
distratta. E’ come se la seria problematica fosse solo un aspetto bilaterale
tra chi fugge dai loro paesi d’origine e l’Italia che è costretta ad
accoglierli e a ospitarli.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, parlando al Parlamento
Europeo a Strasburgo il 4 febbraio 2014 ha dato, tra l’altro, un messaggio
inequivocabile sulla necessità di dover armonizzare gli sforzi comunitari
per vincere la crisi sociale ed economica, battendo le spinte disgreganti
dei populismi e degli estremismi nazionalistici.
Da parte mia, in tale messaggio, vedo anche l’affermazione dell’idea di
dover far fronte comune al problema della immigrazione che non è da
ritenersi un aspetto tutto italiano bensì europeo.
Il Ministero dell’Interno sta attuando varie e valide
iniziative affinché gli immigrati, coloro che sono riconosciuti rifugiati
politici, potessero avere una decente accoglienza.
E’ stato pubblicato un Bando (Gazzetta Ufficiale n°. 207 del 04.09.2013)
relativo alla ripartizione delle risorse del Fondo Nazionale per le
Politiche e i Servizi dell’Asilo. Il Progetto è denominato SPRAR 2014 – 2016
ed è destinato all’accoglienza di richiedenti titolari di protezione
internazionale o umanitaria nel triennio 2014/2016.
Al Progetto S.P.R.A.R. (Sistema di Protezione per i Richiedenti Asilo e
Rifugiati) potevano accedere gli Enti Locali che intendono prestare servizi
finalizzati all’accoglienza dei richiedenti asilo, rifugiati e titolari di
protezione umanitaria (R.A.R.U.) tenuto conto che l’Ente Locale aderente si
deve avvalere di uno o più Enti Attuatori con pluriennale consecutiva
esperienza nella presa in carico di richiedenti/titolari di protezione
internazionale comprovata e servizi in essere al momento della presentazione
della domanda.
Il Comune di Rocca d’Evandro, avvalendosi della esistenza sul territorio
comunale della Società Cooperativa Sociale “Ginestra”, con Delibera di
Giunta Comunale n°. 50 del 23.09.2013 ha aderito al Progetto la cui
attuazione si sarebbe realizzata solamente in caso di ammissione al
finanziamento ministeriale sostanziato in € 203.943,75 per ciascuna
annualità del triennio 2014-2016, vale a dire per la somma complessiva di €
611.831,25 .
L’elenco dei Comuni ammessi a finanziamento, secondo una prevista ed attuata
graduatoria, presenta per il Comune di Rocca d’Evandro lo stanziamento della
somma triennale (2014-2016) di € 611.831,25.
In data 14.02.2014 è stata sottoscritta la Convenzione tra il Comune di
Rocca d’Evandro e la Società Cooperativa Ginestra ed è stata pubblicata la
Determina n°. 6 di pari data di affidamento definitivo del Servizio in
interesse.
Il risultato?
In questi giorni, assistiamo a molte e variegate polemiche. Queste sono
tante, per lo più capziose e tendenziose, che mirano a disgregare e non
certo a raggiungere la condivisione su di una problematica di così grande
spessore e consistenza.
Si dice che l’Amministrazione Comunale sta portando in Rocca d’Evandro la
delinquenza, la violenza a scapito della sicurezza sociale da cui eravamo
immune.
I polemici affermano che non c’era alcun bisogno di aderire alla iniziativa
messa in atto dal Ministero dell’Interno e che, di conseguenza, si stanno
facendo solamente gli interessi del titolare della Cooperativa “La Ginestra”
con cui è stata sottoscritta la Convenzione.
I più ingenui raccolgono a piene mani tale schiamazzo e gridano alla
imminente mancanza di sicurezza nelle abitazioni e tra la popolazione
allorquando arriveranno gli Immigrati sul territorio comunale. Furti, atti
vandalici, droga e chi ne ha più ne metta, saranno problemi a cui la
comunità dovrà far fronte.
Ogni tentativo di spiegare la situazione appare quanto mai inutile dal
momento che a portare avanti la “caciara” sono anche cittadini che, muniti
di una sufficiente cultura, stanno dando prova di non poca ipocrisia
atteggiandosi a “tromboni petulanti”.
Il mezzo di informazione più in voga oggi è certamente Facebook che permette
di far entrare in contatto tante persone diverse per cultura e provenienza.
Ma se, come sempre più sta accadendo, questo strumento di comunicazione
viene usato per polemizzare con argomentazioni non veritiere ma
contrassegnate da sterile polemica, diventa dissacrante e propagatore di
disinformazione.
A me pare che tutto ciò stia avvenendo anche in Rocca d’Evandro per tante
questioni, tra cui quella degli immigrati e della iniziativa intrapresa
dall’Amministrazione Comunale.
D’altronde mi sento anche di non giudicare negativamente la risposta che
qualcuno potrebbe fornire circa la possibilità di assicurare in tal modo un
minimo di occupazione per qualche persona nella attuazione del progetto.
E ciò perché è tanto grande la valenza della iniziativa da un punto di vista
sociale in generale e di integrazione in particolare che ogni pretesto
appare privo di significati.
Penso che la migliore risposta consista nella operatività che deve
necessariamente essere portata avanti con serietà e costanza. Si confida, io
confido, nella prospettiva che il tempo lenisca gli affanni “studiati e
provocati a giusta posta”.
Alle sempre accresciute chiacchiere occorre rispondere anche con il
silenzio.
Mi sovviene che la celeberrima cittadina colombiana Ingrid Betancourt,
candidata alla presidenza nel 2002 e prigioniera dal 2002 al 2008 delle FARC,
dopo la sua liberazione ha scritto un libro dal titolo significativo “Non
c’è silenzio che non abbia fine”.
Personalmente avverto un certo fastidio a dover considerare che parte della
popolazione, da sempre da me considerata tutto sommato serena, quieta e
laboriosa, si stia dimostrando egoista e priva del minimo senso di
solidarietà.
La questione degli Immigrati, dovrebbe essere considerata senza pregiudizi e
senza far ricorso a prese di posizione qualunquistiche.
Tuttavia voglio prendere in considerazione le preoccupazioni degli scettici
in quanto ci troviamo di fronte ad una crisi economica e sociale che sta
comportando sacrifici e sofferenze.
Rifletto ampiamente e arrivo alla conclusione di scartare quelle stesse
preoccupazioni. Abbiamo anche l’obbligo morale di evitare che insorga “una
guerra tra Poveri” che non vedrebbe né vinti né vincitori.
Infatti gli immigrati, proprio in presenza di una persistente crisi, non
guardano più all’Italia come a un paese ideale. Arrivano da noi, sulle
nostre coste, con la speranza di trasferirsi in altri paesi europei.
In ogni caso perché non dire che per certi tipi di lavoro che gli italiani
non vogliono più fare, gli immigrati rappresentano una risorsa se non una
ricchezza? Parallelamente non possiamo sottacere che le loro prestazioni non
vengono poi giustamente retribuite provocando, in tal modo, lo sfruttamento.
Ci diciamo Cristiani pur non sapendo cosa significhi essere cristiani. Se,
infatti, non riscopriamo e mettiamo in atto la solidarietà verso gli altri,
l’aiuto verso chi è in difficoltà e verso coloro che soffrono per mancanza
di libertà e per problemi fisici, vivremo nella perfetta ipocrisia. E che
significa, allora, andare a Messa o dirsi cristiani?
Occorre affrontare una questione che sta interessando tutta l’Italia. Rocca
d’Evandro non può considerarsi un’isola felice e avulsa dal contesto
nazionale.
Siamo di fronte ad una sfida. Per uscirne con dignità, bisogna che le
Istituzioni Comunali prima e i cittadini dopo dimostrino con i fatti e non
con vane e vuote parole di essere sicuri, efficienti e coraggiosi.
E’ evidente, tuttavia, che per garantire sicurezza ed efficienza bisogna che
l’Amministrazione Comunale e gli operatori che lavorano nella cooperativa
siano vigili ad assicurare la buona e dignitosa qualità dei Servizi offerti
e che vi sia una efficace e valida nonché condivisa azione delle Forze
dell’Ordine (Polizia Municipale e Carabinieri).
Papa Francesco, oggi rivolto alla folla in Piazza S. Pietro, ha detto che
occorre non far ricorso alle calunnie e alle chiacchiere.
L’integrazione è un fenomeno sociale con cui quotidianamente dobbiamo
confrontarci. Occorre utilizzare al meglio le risorse che gli immigrati
possono garantirci. Essi vanno messi alla prova. Il loro non sfruttamento
significa garantire la possibilità di vivere in dignità.
Ed allora perché non pensare di dare ad essi la opportunità di operare nel
campo sociale utilizzandoli ad esempio in veste di badanti o di sostegno
verso persone anziane o bisognose di cure in stato di bisogno, proprio
utilizzando le risorse messe a disposizione dal Ministero dell’Interno?
La solidarietà deve essere la nostra via maestra ed essa deve prendere il
posto della ipocrisia e dell’egoismo. Solo così potremo dire di essere
cittadini del mondo che rispettano e tutelano la dignità di un proprio
simile prescindendo dal credo religioso, dalla nazionalità e dal colore
della pelle.
Tali considerazioni non portano certamente alla affermazione che tutti
coloro che manifestano dissenso verso l’accoglienza sul proprio territorio
comunale degli immigrati siano da considerarsi dei cittadini di secondo
ordine.
Sono personalmente portato ad avere rispetto delle opinioni altrui, anche
allorquando divergono sostanzialmente dalle mie. Ma ciò non può impedirmi di
esternare utili considerazioni circa lo sforzo che ognuno è chiamato a fare
nei momenti di grande difficoltà, seri e problematici, come quello della
accoglienza degli immigrati che sono costretti a fuggire e a chiedere
ospitalità nella speranza di migliorare il futuro della esistenza.
Ma d’altronde l’avversione verso gli immigrati è un fenomeno che si ripete
nel corso della storia. Non volendo scomodare la condizione degli ebrei in
Egitto e tanti altri edificanti esempi, vorrei sottolineare quanto purtroppo
accade in altri Paesi Europei, dalla Francia in cui la grande storica idea
di “liberté, égalité, fraternité” sembra essere stata calpestata in
occasione dell’avversità verso i magrebini, dalla Germania ove vi sono di
tanto in tanto rigurgiti nazionalsocialisti di triste memoria, alla Olanda
ove si sono registrati atti di violenza inaudita anche verso alcuni
importanti esponenti politici.
E che pensare della nostra Italia ove viene sistematicamente boicottata
ed offesa il Ministro Cécile Kienge?
Ecco
perché pocanzi ho detto che occorre anche far ricorso al silenzio. Il tempo,
io credo, sconfiggerà tali atteggiamenti diffusi nel vecchio continente,
Italia compresa.
Penso alla tragedia di qualche mese fa avvenuta al largo di Lampedusa
allorquando hanno perso la vita centinaia di profughi per l’affondamento
della nave che li trasportava. Dalle indagini postume e giustificate sono
emerse precise responsabilità anche dei soccorritori. La testimonianza di un
medico siriano che, usando il proprio cellulare, aveva inviato un SOS
raccolto sia dalla marina militare italiana che da quella maltese, è
agghiacciante. Il ritardo nei soccorsi è dipeso anche dalle incertezze
scaturite circa la competenza dell’intervento. Esso rientrava nell’obbligo
dell’Italia o di Malta? Uomini, donne e bambini sono stati inghiottiti dal
mare.
Di fronte a tali situazioni, io mi chiedo come si fa a restare inerti o a
far passare la cosa come un normale fatto di cronaca.
Perché non si prende atto che vi sono degli immigrati che, volenterosi e
intelligenti, hanno avuto modo di studiare, di integrarsi nella nostra
società e di affermarsi a qualsiasi livello sociale? Essi rappresentano una
ricchezza e non una negatività.
Proprio la signora Cécile Kyenge, di origine congolese, medico e ministro
della integrazione sociale, è l’esempio più fulgido di come gli immigrati
possano affermarsi in un paese civile e democratico che offre ai suoi
cittadini pari opportunità.
Il problema specifico comporta altresì la constatazione che nella vita
occorre operare delle scelte che, se fatte in sincerità e in onestà e con
spirito di solidarietà, possono sì ingenerare polemiche e giudizi
diversificati ma non certo giudizi riconducibili a clientelismo e a
affarismo.
L’amministratore, ancor più, è chiamato a decidere. E allora se le decisioni
sono assunte nella consapevolezza di procacciare il bene comune e, al
contempo, di chiamare la comunità a dare un valido contributo perché esse
possano essere attuate nel migliore dei modi, si può affermare una comune
soddisfazione.
In definitiva penso e auspico che la solidarietà possa e debba
prevaricare sugli istintivi egoismi.
Io credo in ciò che dico e spero che un giorno, non lontano, il fenomeno del
contrasto alla immigrazione e alla integrazione possa essere limitato se non
del tutto superato.
Per raggiungere tale agognato risultato occorre che ognuno, nell’ambito
delle proprie possibilità e attitudini, svolga opera di pacificazione e di
solidarietà che sono elementi indispensabili per assicurare una civile e
democratica convivenza tra persone di diversa provenienza e di diverso credo
religioso.
La generosità degli uomini deve sempre prevalere sugli egoismi.
E’ un sogno? Se anche così fosse, sarebbe bene viverlo in tutte le sue
dimensioni.
Prof. Ugo Marandola