N. 2 - Sabato 18 Febbraio 2006

 

Rocca d'Evandro 1943. L'amore oltre la morte: l'uccisione dei coniugi

Carmine Sacco e Angela Delli Colli insieme al vicino Davide Vitale.

La donna poteva salvarsi, ma preferì seguire il coniuge

"DOVE VA MIO MARITO, VOGLIO ANDARE ANCHE IO"

 

“Comune strategicamente importante, posto sulla linea Gustav, durante l’ultimo conflitto mondiale si trovò al centro degli opposti schieramenti, subendo violenti rastrellamenti da parte delle truppe tedesche e devastanti bombardamenti alleati che provocarono la morte ed il ferimento di numerosissimi cittadini e la quasi totale distruzione dell’abitato…” recita il Decreto del Presidente della Repubblica dell’8 novembre 2004 con cui è stata conferita al Comune di Rocca d’Evandro la Medaglia d’Argento al valor civile.

Episodi attestati, intrisi di tragedia e di aberrante disperazione, ve ne sono tanti a dimostrazione del tributo di sangue che l’Alto Casertano, ed in particolar modo i Comuni di Mignano di Monte Lungo e di Rocca d’Evandro dovettero pagare perché luoghi prediletti dello scenario di orrore e di devastazione lungo la linea Gustav. I bombardamenti dell’autunno-inverno 1943/’44, lungo l’arco temporale di 9 mesi, le vittime innocenti causate dagli approssimativi  ricoveri per sfuggire ai rastrellamenti e alle violenze di ogni sorta, restano scolpiti indelebilmente nei ricordi delle persone anziane che, con meticolosa precisione e quasi con un sentimento di pena mista ad orgoglio, tramandano ai figli e ai più giovani.

“Il comportamento dei soldati tedeschi poteva essere considerato, tutto sommato, alquanto esemplare perché esso era improntato ad un senso di correttezza e anche di rispetto. Ma dopo la proclamazione dell’Armistizio dell’8 settembre 1943, il loro atteggiamento cambiò bruscamente in quanto Noi eravamo i traditori, e dietro ogni nostra azione vedevano tentativi di sabotaggio e di ribellione…” dicono unanimemente le persone più anziane riunite in Piazza Fanelli e propriamente davanti alla Casina che servì ai Tedeschi  da postazione operativa. Vengono rivisitati tanti episodi, ed in particolare “il fattaccio di Via Rua Francesca” che rappresenta il simbolo della inaudita violenza perpetrata dagli occupanti a danno di civili inermi ed indifesi. Era il 6 (*) novembre 1943! Sembra, allora nelle date, una casuale coincidenza con l’8 novembre 2004, e ciò ci ha fornito lo spunto per riportare fedelmente i fatti accaduti.

Avvertendo la precarietà della situazione per i paventati sviluppi dell’inasprimento del conflitto a seguito della avanzata delle Forze Alleate e del ripiegamento dei Tedeschi, la famiglia di Gennaro Miele decide, nel tardo pomeriggio,  di ammazzare un maiale (di certo è una decisione insolita e per il periodo autunnale e per le tradizioni in materia e per la conseguente difficoltà di conservazione della carne!). I tedeschi avevano imposto l’assoluto divieto di procedere alla macellazione di animali domestici e mentre i vicini di casa, ovvero i coniugi Carmine Sacco e Angela Delli Colli e Davide Vitale, sono intenti ai lavori, sopraggiunge una pattuglia di soldati: Carmine e Angelina  tengono per le orecchie la testa recisa del maiale, Davide tenta di sollevare con una rudimentale carrucola, appesa ad una trave di legno, le 2 parti squartate dell’animale. Dopo furibonde rampogne ed esagerate minacce ordite con i fucili spianati, Carmine “zì Minucciu” e Davide “Davitto” vengono portati al Comando posto nella casa gentilizia della famiglia Cataldi in Via S. Margherita. Zì Angelina, sebbene invitata e ripetutamente spintonata dai soldati perché ritornasse a casa, imperterrita segue, lungo Via Maggiore, zì Minucciu gridando “dove va mio marito, voglio andare anche io!”. Nel Comando, l’Ufficiale responsabile, al fine di debellare ogni qualsiasi forma di insubordinazione, decide che i 2 uomini vengano fucilati; Angelina, seppur pienamente cosciente del grave ed imminente pericolo, si oppone all’ordine del comandante tedesco di allontanarsi e non ascolta minimamente le continue ed incessanti implorazioni del marito perché vada via. I 3, Angelina prende per mano Minucciu, vengono condotti dal drappello tedesco con a capo un ufficiale, verso Piazza S. Margherita e, poi, lungo il pendìo che da questa si snoda verso il letto del sottostante Rio Martino. In questo momento di trasferimento si inserisce l’episodio di una coraggiosa insubordinazione : Emilio Sacco, zì Miliucciu, dall’alto della Piazza, in un disperato tentativo di salvare i suoi concittadini, lancia una bomba a mano che esplode senza però causare danni ad alcuno del plotone. Giunti in località Terracchio, ovvero sul greto del Rio, e dunque ad una certa distanza dall’abitato, Davitto, zì Minucciu e zì Angelina vengono passati per le armi. Immediatamente dopo partono gli ordini di rastrellamento casa per casa per individuare gli autori del lancio della bomba a mano e, constatata la solidarietà dell’intera popolazione, i Tedeschi ordinano di non recarsi, per nessun motivo, in località Terracchio, pena la fucilazione. Alcune persone, in incognito, riferiscono di aver visto la scena del dramma nel tardo pomeriggio dello stesso giorno: zì Angelina da una parte coperta con la giacca di zì Minucciu e i corpi dei 2 uomini poco lontano; si pensa che i coniugi Sacco (essi non avevano figli ed avevano ambedue 54 anni) abbiano dato una dimostrazione di grande amore : la donna è stata la prima ad essere ammazzata e il marito ne ha coperto il corpo togliendosi la giacca pochi attimi prima di essere egli stesso finito forse come ultimo atto di amore oltre la morte !

Il divieto di recarsi nella zona dell’eccidio, i bombardamenti che seguirono nel corso delle battaglie di Monte Camino e le intemperie invernali fecero sì che i 3 poveri disgraziati fossero ritrovati, alcuni mesi dopo, più a valle del luogo dell’eccidio sicuramente  ivi trasportati dalle acque torrentizie e già in fase di evidente decomposizione. Solo allora i corpi furono ricomposti e tumulati nel cimitero del capoluogo; oggi, a seguito dei lavori di ristrutturazione dei loculi fatta negli anni ’60, non vi è più traccia dei 3 sventurati roccavandresi. Resta il ricordo dei loro cari; la popolazione ne ha gelosamente custodito la tragica storia tramite un rispetto per il loro martirio e, soprattutto, per la  volontaria immolazione di Angelina.

Nella stesura della toponomastica legata al varo imminente del PUC, si rende doveroso intitolare una strada, una piazza o un viale del Comune a queste persone che simboleggiano l’inefficacia della violenza e della sopraffazione avendo dato prova di Amore oltre la Morte.

 

Ugo Marandola

 

(*) Nei registri degli Atti di morte dell'Ufficio Anagrafe la data di morte dei coniugi Sacco e Delli Colli è il 3 Novembre 1943.
 

 

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