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Martedì
26 Gennaio
2010 |
ROCCA D'EVANDRO
Oltre 150 firme
per don Gabriele
ROCCA
D'EVANDRO (An.Iz.) - Raccolte oltre 150 firme dai fedeli per
contrastare il trasferimento di padre Gabriele, parroco di
Mortola. Domenica scorsa, don Gabriele sembra abbia
officiato l'ultima Santa Messa, prima di passare il
testimone a don Marcello. La decisione presa dall'Abate di
Montecassino, don Pietro Vittorelli, non è stata gradita dai
parrocchiani della frazione Mortola del Comune di Rocca d'Evandro.
L'intera comunità, appresa la notizia del trasferimento,
annunciata durante la solenne funzione religiosa
dell'Epifania, si è subito adoperata nella sottoscrizione.
Contattati i vertici dell'Abbazia, i fedeli hanno appreso
che l'Abate non era disposto a riceverli, in quanto
impegnato in un lungo ritiro. Senza perdersi d'animo hanno
chiesto un ulteriore appuntamento che è stato fissato per il
27 Febbraio alle ore 10,30. In quella sede, i fedeli di
Mortola chiederanno all'Abate il perchè del trasferimento di
don Gabriele. Una parte dei residenti, pur non avendo niente
contro il nuovo parroco, sono intenzionati a manifestare il
loro dissenso con un'unica finalità, ossia che padre
Gabriele resti parroco di Mortola, così come tanti altri
suoi colleghi sono parroci delle loro chiese da anni e anni.
L'operato di padre Gabriele espletato in maniera corretta e
quotidiana ha contribuito alla crescita spirituale di grandi
e piccini. La sua parola annunciata nel nome del Signore ha
raggiunto intere famiglie, che hanno potuto contare sulla
disponibilità di un prete, ma anche di un amico. I firmatari
della petizione si aspettano che l'Abate prenda a cuore la
situazione e ritorni sui suoi passi, facendo restare a
Mortola padre Gabriele, così come vogliono i suoi fedeli.
Nell'eventualità che l'Abate Vittorelli resti sordo alle
suppliche di quanti chiedono con insistenza che padre
Gabriele resti con loro, si troverà a fronteggiare un gregge
di pecore che non si porterà nella chiesa di Mortola, ma
bensì a Montecassino a protestare, nel nome di un diritto
divino che anche le comunità devono avere, non solo i
prelati.
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