Intervista di Cono
Giardullo ----------------------------------
Rocco Di Zazzo nasce a Rocca d'Evandro,
provincia di Caserta il 28 agosto 1939. Frequenta la scuola
elementare e le scuole "secondarie" in Italia e nel 1958
emigra in Canada.
Quali sono stati i sentimenti alla partenza?
"La vita in paese era tranquilla, ma fin
troppo noiosa per me, avevo 18 anni ed ero pieno di sogni,
non vedevo l'ora di partire, forse quella forza scomparve un
po' con le prime nevi invernali, ma poi ci si è fatta
l'abitudine". Rocco lavorò prima come lavapiatti in un
ristorante poi in un'azienda che costruiva lampade,
successivamente lavorò con dei famosi appaltatori, i Donolo
e i Molina, che costruirono l'ospedale Santa Cabrini. Nel 1966 ottenne il primo appalto
personale per la costruzione di una piccola scuola, e si
mise in proprio.
Quali sono stati i progetti più
importanti?
Il signor Di Zazzo, a 68 anni,
affronta l'intervista col fare di chi ha trascorso solo una
breve parte della sua vita e che è ben lontano dal
ritirarsi. Infatti, comincia:
"Sono ancora pieno di idee per il futuro, nella mia vita
fino ad ora ho costruito di tutto, ho avuto appalti per
conto del governo, il centro sportivo Sophie Barat, la
Maison de la Culture a Cote des Neiges, decine di ospizi,
case di lusso e condomini, forse il più grande progetto è
stato quello dell' Istituto Biotecnologico di Montreal
costruito a metà degli anni Ottanta".
Quali sono i nuovi progetti in cantiere e a
cosa dedica tutta questa vitalità?
"Ora l'interesse è rivolto alla progettazione del quartiere
del "nuovo Saint Laurent", che si estenderà su una
superficie di 20 milioni di p.q. con case lussuose ma anche
edifici condominiali. Sono stati inseriti nel progetto 5
parchi ed esiste un campo da golf che per metà è di mia
proprietà sul quale cominceremo dal 2009 un nuovo sviluppo
residenziale".
L'impegno di Rocco per la comunità cominciò
appena arrivato in Canada, quando portò avanti le lotte per
i servizi sanitari per gli italiani, e fu tra gli
organizzatori della festa che celebrava il centenario
dell'unificazione italiana.
Al di fuori del suo lavoro, a
quali attività partecipa?
"Faccio parte di molte associazioni a scopo
benefico. Sono membro fondatore della Federazione delle
Associazioni Italiane poi divenuta Congresso Nazionale degli
italo-canadesi. Creai nel 1975 un club di calcio semi
professionistico, i Castori, antenati dell' Impact. Faccio
anche parte del CIBPA dagli anni Settanta e nel 2003 mi sono
impegnato in prima linea per la questione di Rai
International. Per 5 anni ho portato avanti la serata di
beneficenza per il Santa Cabrini che ha riscosso più di
200mila dollari l'anno e da due anni partecipo
all'organizzazione del torneo di golf con la Fondazione
dell'ospedale Sacre Coeur che ha permesso la raccolta di
300.000 dollari all'anno".
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Il suo legame con la Madrepatria?
Mi sento perfettamente italiano,
anche se il passaporto lo persi negli anni Settanta e non
sono più riuscito a riacquistarlo, ed è questo un problema
generalizzato che dovrebbe esser messo in luce, un desiderio
che mi è rimasto nel cuore, e l'idea di dover riacquistare
la cittadinanza attraverso la burocrazia non mi piace,
quella cittadinanza è mia per diritto di nascita".
Si, ma tanti non la pensano come
lei, hanno forti risentimenti nei confronti dell'Italia che
li ha scacciati.
Rocco deve farsi animo per
trattenere la commozione e non adirarsi: "Me ne sono andato
dall'Italia perché volevo far qualcosa della mia vita e la
nostra situazione nel dopoguerra non lo permetteva, ma per
l'Italia provo solo amore, è come una mamma che mi ha dato
il suo latte per farmi crescere, per farmi apprendere
qualcosa, anche se il latte era poco, un figlio dovrebbe
comunque apprezzarlo".
E come trascorre il tempo
libero?
"Beh mi divido tra i miei undici splendidi nipoti e il mio
ultimo figlio di 8 anni e mezzo con la mia giovane moglie,
gioco a golf e per circa 15 anni ho vissuto nel mondo delle
corse di cavalli, ma di recente, ho dovuto un po' mollare".
E' davvero impressionante la forza d'animo di questo signore
che non ha mai perso di vista i problemi della comunità e
che nel suo repertorio ha in serbo ancora tanti progetti e
tanta voglia di fare. Se le nuove generazioni saranno
disposte ad ascoltarlo, non ne potranno trarre che benefici.
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