|
N. 1 - 15 Gennaio 2006 | |
Rocca d'Evandro FUOCO E FALO’ DI NATALE
"L'atmosfera ed il periodo natalizio, che poi comprendeva anche Capodanno e l'Epifania, a Rocca d'Evandro iniziava il 4 dicembre quando la marchesa Cedronio invitava tutti noi bambini al castello e dove, vicino alla Chiesa di S. Barbara, distribuiva le castagne" ricorda l'ottantenne Maria Vitale; ed aggiunge: "Dai primi giorni di dicembre c'era un fermento particolare che i giovani di oggi non riescono a comprendere perché adesso non c'è la privazione di cui la nostra generazione ha sofferto ". In effetti la stessa funzione religiosa della Natività, che tutt'ora si svolge la sera del 24 dicembre, veniva seguita con trepidazione e al contempo con una certa assuefazione visto che era stata appena consumata una lauta cena preceduta dal digiuno giornaliero a cui nessuno poteva e doveva trasgredire. Ebbene, la cena della vigilia di Natale vedeva tutta la famiglia riunita, generi e nuore e nipoti compresi, e, preceduta da una serie di preghiere che il capofamiglia stimolava, comprendeva 9 pietanze: spaghetti, baccalà lesso, baccalà fritto, zeppole con alici o con baccalà o con cavolfiori, broccoli, peperoni sottoaceto con olive, pesce, frutta secca e dolci. Le zeppole (o mazza-botte) sono delle frittelle di pasta fritta contenenti baccalà o alici, mentre i dolci comprendevano la croccante (mandorle e zucchero), i "susamielli" (mandorle e miele con aromi di cannella, garofano e bucce di arancia) e poi i "roccocò" (mandorle con miele e noci tritate e fatte rosolare al forno). Il giorno di Natale, come secondo piatto, era servito il cappone o il tacchino. "La vigilia di Capodanno si preparavano gli "struffoli", palline fritte di pasta dolce e amalgamate con il miele, di cui andavamo tutti pazzi, e poi gli "auciati " o "crispigli", anelli di pasta fritta, e poi ancora gli "scauratielli", dolci di pasta con aromi di cannella, che oggi raramente si preparano " tiene a precisare Maria Sacco di 78 anni. Ragazzi e persone meno giovani, organizzati in gruppi più o meno numerosi, la sera di S. Silvestro giravano di casa in casa facendo schiamazzo con il "bubbù", un barattolo di ferro contenente acqua e che, al posto del coperchio, aveva uno straccio umido su cui insisteva un'esile asticella "lu lucciuru" che, sfregato con le mani dall'alto in basso e viceversa emetteva il suono di "bù bù bù" mentre in coro veniva intonata la seguente filastrocca "Santu Sereviestru colle chiavi r'oro a Roma ci sapietti guvernà, governa lu plazzu e lu patrone cient'anni assieme pozzammu campà, calataci lu priestu e volentieri pozzate fa nu figliu cavaliere"; un componente del gruppo itinerante chiedeva ad alta voce al padrone di casa quanti fossero i componenti familiari: dopo la rituale risposta era il capofamiglia stesso ad aprire la porta e ad offrire auciati, struffoli, scauratielli e fichi secchi che un altro componente il gruppo stesso riponeva in vari sacchetti che metteva poi in spalla. Alla fine del giro avveniva la distribuzione degli alimenti in parti uguali "cosicché anche coloro che avevano difficoltà economiche avevano da mangiare e per loro e per i familiari" precisa Alessandro Fratelli. "Tutto ciò, cioè ogni forma di tradizione, scomparve durante il periodo natalizio del 1944 allorquando ogni nucleo familiare visse da "sfollati " nelle vicine località di Vaglie di Galluccio, di Teano, di Marzano e finanche di Ferentino e molti uomini erano dispersi o deportati in Germania" ricorda Erminia Croce Marandola , anni 95, di Rocca d'Evandro. Ed Antonio Miele conferma: "e purtroppo è così, dagli anni '60, con il progresso economico, pian piano ogni cosa è cambiata, perfino le tradizioni del digiuno della vigilia, dei dolci e delle serenate di S. Silvestro, ad eccezione del Fuoco di Natale che fortunatamente viene sempre meglio organizzato ". Il fuoco di Natale, in piazza Fanelli nel Centro Storico di Rocca d'Evandro ancora oggi fa parte di una secolare tradizione che, come un sacro rito, caratterizza l'intero periodo natalizio tramandandosi di generazione in generazione, di padre in figlio. Negli anni tra le 2 guerre esso veniva acceso nel solo giorno di Natale e sempre al solito posto, vale a dire al limitare della piazza dove questa va restringendosi verso la Casina; nei primi anni del dopoguerra esso veniva alimentato con travi, finestre e balconi estratti dalle macerie. E' dagli anni '60 che si è andata affermando la consuetudine di accenderlo al pomeriggio della vigilia di Natale e di alimentarlo fino al giorno dell'Epifania. Fatti ed episodi legati ad alcuni personaggi locali vengono menzionati tutt'oggi dai più anziani, proprio vicino al fuoco durante il lungo periodo delle feste natalizie. Si parla di Antonio Vitale di via Peschi, chiamato "Ntuniellu" a cui spettava,, negli anni '30 e '40, l'onore di accendere il fuoco; si narra che dopo aver adempiuto all'invidiato compito con atto quasi cerimoniale, egli pronunciasse, centinaia e centinaia di volte perché a richiedergliela erano soprattutto i bambini, la seguente filastrocca "Eccu Natale, nun tengo renari, m'appiccio la pippa e me metto a fumà, quand'è la notte sparano le botte e vaio avveré". Nel dopoguerra il compito dell'accensione è spettato a Silverio Vitale "Sereverio" e, poi, a suo nipote Rocco; negli ultimi anni è la persona più anziana o colui che meglio e di più si è prodigato a reperire la legna a cui tocca l'alto compito di dare il via al Fuoco di Natale! Particolarmente interessante è la composizione della catasta di legna: vengono usati grossi ceppi detti "li cippuni", alcuni dal peso di 25/30 qli che vengono posizionati a forma di cerchio del diametro di circa 3 m. e verticalmente a forma piramidale per un'altezza di circa 3,5 m. Antonio Valente, infaticabile organizzatore e animatore da alcuni decenni, di questo rito dice: "Il fuoco di Natale non deve mai finire, nel senso che è una cerimonia legata alla nostra tradizione; attorno al fuoco alimentiamo i nostri vincoli di amicizia e di solidarietà con tutta la popolazione del comune e festeggiamo le Sante Festività e l'Anno Nuovo bevendo il buon vino paesano e organizzando sfiziosi banchetti visto che non si rispetta più il digiuno della vigilia. Il fuoco, anche per il futuro, dovrà essere uno dei simboli della millenaria storia di Piazza Fanelli".
|
Copyright © 2004-2006 www.roccadevandro.net - Tutti i diritti riservati