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N. 1111 del 16 gennaio 1972 - © 1972 Epoca - Arnoldo Mondadori Editore

 

Il mistero dell'orso di Caserta

 È arrivato dal Parco d'Abruzzo. Nessuno l'ha mai visto, ma le

sue imprese ne documentano la presenza. Si muove solo di notte

e non si riesce a catturarlo. Gli hanno dato un nome: Esposito.
 

TESTO E FOTO DI ARIBERTO SEGÀLA

 

Questa è una storia che ha un inizio ma che non si è ancora conclusa. Da quasi due anni un orso del Parco Nazionale d'Abruzzo sta girovagando in una zona a novanta chilometri dal Parco: non si sa come ci sia arrivato, non si riesce a catturarlo, vive in un modo diverso da quello degli altri orsi. Anche se nessuno l'ha visto, la sua presenza è documentata dalle sue imprese, e qualcuno gli ha dato persino un nome: Esposito. Ecco ora la sua storia.
Roma, gennaio 1970. I carabinieri di Rocca d'Evandro (Caserta) telefonano alla sezione romana del Fondo Mondiale per la Natura: un orso, arrivato non si sa da dove, sta facendo strage di capre, pecore e conigli, e terrorizza gli abitanti. Le autorità del Parco intervengano subito, altrimenti verrà organizzata una battuta per ucciderlo.

La notizia è accolta con stupore e scetticismo. Anche se l'irrazionalità dei confini del Parco, insieme alla costruzione di nuove strade e al taglio indiscriminato della foresta, costringe gli animali a cercare nuovi e pericolosi rifugi in luoghi sempre più lontani dalla zona protetta, nessun orso è mai stato visto arrivare in quella regione, più vicina al mare e agli ulivi che ai boschi delle montagne abruzzesi.
Per scrupolo, tuttavia, poiché l'orso è protetto in tutta Italia, un naturalista del Parco lascia Pescasseroli e scende in pianura. Parla con i contadini che lamentano assalti alle pecore e, ordinando le testimonianze, si convince che un orso deve effettivamente vivere in quei luoghi. Ma come c'è arrivato? Che cosa può avere spinto un animale, definito dai testi di zoologia « burlone e pigrissimo, solitario e contemplativo », a lasciare gli antichi rifugi e le foreste amiche, a percorrere novanta chilometri per affrontare la sconosciuta pianura fitta, di case e di gente?
A questo primo interrogativo l'inchiesta ha potuto dare una risposta precisa: l'orso fu rapito in Abruzzo, fra le montagne della Meta, un giorno dell'ottobre 1969. Autori del rapimento, alcuni pastori che ogni anno salgono dal Tavoliere delle Puglie con i loro greggi. Come fu compiuto il ratto? Qui entriamo nel campo delle ipotesi. La più verosimile è che gli uomini siano riusciti ad avvicinarsi all'orsacchiotto sottovento, senza essere visti, piombandogli poi addosso all'improvviso. Ma non si può neppure escludere che l'animaletto sia stato tradito dal suo stesso carattere. L'orso è infatti curioso per natura. Avvistati gl'intrusi, potrebbe quindi essersi avvicinato di proposito, cadendo così nella trappola, senza possibilità di scampo: a nove mesi, infatti, gli orsi pesano soltanto una decina di chili e sono inoffensivi. Perché i pastori rubarono 1 orso e che cosa si proponevano di farne? Sono interrogativi destinati a rimanere senza risposta, come senza risposta rimane la parte dell'inchiesta che riguarda il mezzo (forse lo stesso autocarro servito per il trasporto delle pecore) con il quale l'animale fu trasferito dalle montagne della Meta alla pianura del Casertano. È comunque sicuro che un giorno, a un mese circa dal rapimento, i pastori si liberarono dell'orso diventato ormai troppo ingombrante, e lo lasciarono libero dopo un tentativo (ma la notizia è controversa) di affidarlo ad una anziana vedova di Mignano Monte Lungo.


L'inchiesta della direzione del Parco non è potuta andare oltre. A questo punto tuttavia si abbandonano le supposizioni e si entra nel campo della realtà quotidiana, testimoniata dai contadini del Casertano, dalle telefonate dei carabinieri e dai sopralluoghi delle autorità del Parco da un paese all'altro per risarcire le malefatte dell'animale. La dieta di un orso, infatti, è quanto mai varia: pere, mele, formiche, erba, fragole, miele, lamponi e carne. Ma carne scelta: agnello, per esempio, o capretto. Dal giorno della sua comparsa in pubblico, Esposito, come qualcuno ha cominciato a chiamare l'orso, è diventato per l'amministrazione del Parco l'animale più costoso: 400 mila lire in circa due anni. Fra le sue vittime, vi sono un ciuco, un maiale del valore di 70 mila lire e una quarantina fra pecore e conigli.
L'orso Esposito si muove di notte, attraversa i viottoli (per passare da un lato all'altro dell'Autostrada del Sole si serve però degli appositi sottopassaggi) e penetra nei cascinali. Di solito gli bastano poche zampate per sfondare un ovile, ma qualche giorno fa la golosità gli giocò un brutto tiro. La sua scelta era caduta su una stalla isolata: Esposito si arrampicò sul tetto ricoperto di tegole. Prese le tegole e ad una ad una le gettò di sotto. Per un orso disfare un tetto dev'essere come per un uomo sfogliare una margherita. Ma Esposito non aveva calcolato la resistenza della lamiera sottostante, che a un certo punto cedette, facendolo precipitare all'interno della stalla, in groppa alle pecore. Si servì a sazietà, poi, siccome non riusciva ad arrampicarsi verso il tetto sfondato, ammucchiò gli animali uccisi uno sull'altro e, servendosene come di una scaletta, uscì nella notte con una pecora « in colle », come dicono qui i contadini, cioè in spalla. Il pastore di guardia imbracciò la doppietta e sparò.
Da quella notte altre detonazioni echeggiarono nelle tenebre sempre più frequentemente, ovunque ci fosse un cascinale, una stalla, un casolare.
D'inverno gli orsi vanno in letargo. Quando la neve rende i loro movimenti troppo pesanti, ognuno di essi si sceglie una tana in una grotta o fra le radici dei vecchi faggi e sprofonda nel sonno fino all'inizio della primavera. La neve ricopre l'apertura del nascondiglio, mentre il calore irradiato dall'animale fonde la coltre sovrastante. Si formano così delle specie di igloo, entro i quali le bestie trascorrono beatamente le giornate. Esposito invece ignora il letargo. Trapiantato contro la sua volontà in un luogo diverso da quello dei suoi progenitori, egli ha assunto anche d'inverno abitudini « napoletane »: passeggia sino a notte inoltrata e dorme durante il giorno.
Non tutte le sue passeggiate si trasformano però in scorribande. A Mignano Monte Lungo vivono in casolari vicini due famiglie di contadini, separate da tenaci rancori. Da molti mesi si parlavano soltanto attraverso esposti in Comune e carte bollate: vi erano fra di loro undici cause pendenti. Una notte, dunque, Esposito adocchiò la conigliera di uno dei due nemici e raspò alla porta. L'orso d'Abruzzo è tra i più pacifici del mondo. La piccola superficie del Parco, poco più di 29 mila ettari, e la secolare abitudine alla presenza dell'uomo e all'ambiente da questi modificato, hanno generato rapporti di pacifica convivenza. (Le cronache registrano un solo caso contrario alla regola. In quell'occasione, però, l'animale era stato colpito da una fucilata e, prima di morire, aveva voluto lasciare nelle carni del feritore il segno del suo passaggio su questa terra: 220 punti. Si era verso il 1930. L'uomo ha oggi sessant'anni e fa il pastore a Lecce nei Marsi). Ma questo i contadini del Casertano lo ignoravano.
Così, quando la famiglia sentì il rumore degli unghioni sull'uscio, vinse ogni ritegno. Una finestra si aprì, si sporse una testa e una voce invocò aiuto. Trascorso qualche attimo, nell'altra casa si accese una luce e finalmente, dopo mesi di silenzio, le due famiglie ricominciarono a parlarsi. L'episodio è accaduto poco tempo fa. È ancora quindi troppo presto per sapere se Esposito abbia riconciliato definitivamente i contendenti, riuscendo a far sospendere le cause. Ma un primo passo in questa direzione l'orso ha saputo muoverlo.
Esposito, ora che è arrivato l'inverno, vive su una collina pietrosa vicino a Rocca d'Evandro. Dalla pianura ci si arriva con una camminata di un'ora e mezzo. Lassù, quasi sul cocuzzolo, è stata costruita una trappola per catturarlo e riportarlo nei suoi luoghi d'origine: è una buca profonda quattro metri, sopra la quale è appesa un'arnia colma di miele, di cui gli orsi sono ghiottissimi. Finora, tuttavia, Esposito è mancato all'appuntamento e due settimane di ricerche non sono state sufficienti per fotografarlo. In effetti il luogo è bellissimo e non c'è ragione perché l'animale desideri abbandonarlo. Dalla sua vetta lo sguardo spazia sulla dolce pianura del Garigliano, fitta di olivi e di casupole rosa. A nord si staglia la mole bianca del convento di Montecassino e a sud, nei giorni di bel tempo, si scorge una fetta del golfo di Gaeta con i pennacchi dei bastimenti. Proprio il posto adatto per un orso dal carattere solitario e indipendente.
Franco Zunino, il tecnico naturalista del Parco che ha seguito tutta la vicenda, è tuttavia sicuro che la trappola scatterà. Quando arriverà la notizia, andremo a fotografarlo. Nessuno, infatti, nonostante il chiasso che lo circonda, ha mai visto da vicino l'orso Esposito.


Ariberto Segàla

 

Un particolare ringraziamento al Sig.  Ariberto Segàla, giornalista e scrittore, e al Sig.  Franco Zunino, naturalista

e scrittore, che con la loro disponibilità e cortesia hanno reso possibile la pubblicazione di questo articolo di Epoca.

 

 

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