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N. 3 - 18 Marzo 2006 | |
GARIGLIANO, UN FIUME DI... STORIA & FUTURO
Oggi si parla di Italia del Nord, di quelle del Centro e del Meridione. Il corso del fiume Garigliano segna, per molti aspetti, il limite tra l’Italia che va e che procede quasi autonomamente e quella che ha bisogno di maggiore sostegno al fine di limitare il divario e lo squilibrio di tipo economico e sociale esistente sul territorio nazionale. Il Garigliano segna il limite tra le regioni del Lazio e della Campania e delle province di Frosinone, Latina e Caserta. Anticamente era inteso con la denominazione di “Clanio”, così come dice Gattola che, in “Accessiones”, ci fornisce una precisa ricostruzione storica delle sue vicende. Altra sua denominazione è stata “Lirigliano”, per poi arrivare definitivamente alla attuale denominazione che etimologicamente deriva dalla fusione del Gari e del Liri. Ripercorrere tutti gli avvenimenti che hanno contrassegnato la sua storia sarebbe veramente interessante ma ciò, inevitabilmente, comporterebbe una trattazione specifica di cui intendiamo occuparci in altra occasione. Oggi citiamo i fatti più salienti per dimostrare solamente che essi ci portano a pensare, per il futuro, diverse prospettive per una migliore fruizione del tratto che insiste in tenimento della provincia di Caserta e dunque in quello del Comune di Rocca d’Evandro. Il fiume, per lo meno fino alla costruzione della diga di Suio Terme, è stato sempre navigabile; la dimostrazione è data dalle imbarcazioni dei Saraceni che, risalendo dal mare, portano dolori e soprusi nelle nostre terre e, allo stesso modo, dall’opera secolare degli Abati che fanno pervenire alla Badia di Montecassino le opere che l’hanno resa celebre nella costruzione e del monastero e dei suoi chiostri. Nel 1503 le sue acque diventano rosse di sangue per il cruento scontro avvenuto tra i francesi, desiderosi di conquistare Napoli, e gli spagnoli che strenuamente riescono a difendere la città partenopea. Il 29 ottobre 1860 4 battaglioni di bersaglieri e 2 reggimenti di cavalleria piemontesi, scontratisi con le truppe borboniche, subiscono gravi perdite sulla sponda in territorio di Rocca d’Evandro. La Battaglia, poi, del Garigliano tra il dicembre del 1943 e il maggio del 1944 durante l’ultimo conflitto mondiale, contrassegna la resistenza accanita delle truppe tedesche del generale Kesserling che tengono testa alla 5ª Armata del generale Clark, e ciò fino alla rottura del fronte di Cassino che le porta ad indietreggiare lasciando aperta agli Alleati la via verso Roma che sarà liberata il 4 giugno 1944. Geograficamente il suo corso inizia proprio nelle gole di Rocca d’Evandro, in quanto proprio là ha termine la pianura del medio Liri-Gari-Rapido. Sono queste gole che, a seguito di un immane cataclisma nell’era terziaria, si aprono e lasciano defluire le acque che un tempo coprivano la valle posta sotto l’altura di Montecassino. Il suo corso, dal punto di innesto con il Gari, sino al mare è di soli 38 chilometri, ma di tale tratto Rocca d’Evandro ne occupa appena un quarto, cioè poco più di 9 chilometri. Dopo aver preso inizio in località Casamarina dalla confluenza del Gari con il Liri, il fiume percorre le pianure di Pastene d’Evandro, poi con una grande ansa raccoglie le acque del Peccia e del Rio Martino e corre in direzione Sud, lungo i confini di S. Ambrogio sul Garigliano, con meandri più o meno sinuosi inoltrandosi in una strettissima gola prodotta dalle propaggini del Colle Rocinitolo (nel Comune di S. Ambrogio) e del Monte del Campo in tenimento di Rocca d’Evandro; sul limitare di Piano della Nocella, abbandona il territorio di S. Ambrogio ed entra in quello di S. Andrea sul Garigliano e poi di Suio sul lato destro; sul lato sinistro, ovvero in Rocca d’Evandro, attraversa le fertili pianure delle località di Bocca di Rio, Revotelle, Pioppo, Rena, Perito, Limata Grande, Revote, Ervanello, Castagneto, La Starza e Saucito prima di segnare il confine con le località di Sessa Aurunca. Mentre sul versante di Galluccio e di Mignano sino alla confluenza con S. Vittore non si hanno corsi d’acqua, dalla confluenza del Gari e del Liri fino a Suio, nel Garigliano si immettono varie sorgenti e vari ruscelli e ciò a riprova della ricchezza idrica del territorio comunale, tra cui è opportuno citare Fosso Pisciariello, Fosso Casa Marina, Fosso S. Mauro, fiume Peccia, Rio Martino, Fosso dell’Isola, Fosso Vallicelli, Fosso Campalocci, Fosso Saraceni, Fosso Catafari . Le terre poste ai margini del corso del fiume hanno subito nel tempo numerose inondazioni, soprattutto nel periodo invernale, che hanno reso sempre più difficoltosa la navigazione e che, in parte, hanno contribuito a cambiarne il corso e conseguentemente ad abbandonare in alcuni tratti il letto originario. Si trovano documenti di spostamenti del corso del fiume che risalgono ai primi decenni del XVIII secolo; importanti sono le forti inondazioni e gli straripamenti avvenuti tra il 1730 ed il 1740! In questo periodo, parte della pianura oggi esistente in località Vandra di Rocca d’Evandro si forma perché il fiume abbandona il suo corso naturale e si colloca sul territorio di S. Ambrogio. Negli stessi anni il comune ciociaro subisce dalla legge naturale del fiume un altro torto, in quanto anche il fiume Peccia, a seguito di esondazione, toglie altro territorio di S. Ambrogio che rimane sul versante opposto al fiume, e cioè sul versante di Rocca d’Evandro. Ne risulta così una alterazione grave dei confini; il Comune di S. Ambrogio subito tenta di recuperare i terreni perduti in seguito alle gravi inondazioni e allo spostamento dei corsi dei due fiumi e perciò fa redigere una pianta della zona contestata che oggi si trova nell’archivio di Montecassino. S. Ambrogio riavrà i suoi terreni perduti e illegalmente incorporati dal Comune di Rocca d’Evandro e la contesa ha luogo nel 1875: essa ci fa anche riandare indietro e ripercorrere parte della storia del nostro fiume! Le esondazioni, che avvengono nel periodo invernale caratterizzato da abbondanti piogge, provocano danni agli argini e presenza sul corso naturale delle acque di tronchi e altri materiali che sono di impedimento per una eventuale navigabilità. In alcuni tratti posti sul versante di Rocca d’Evandro, il fiume scorre anche a 4 metri circa al di sotto del livello del terreno circostante e ciò a causa della continua erosione con conseguente spostamento del letto di scorrimento delle acque e, soprattutto, per le opere di arginamento, tramite gabbioni in pietra, fatte sul versante laziale. E’ tempo che vengano avviati gli opportuni interventi anche sul versante casertano! Risulta che a tal proposito l’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri, Garigliano e Volturno sia stata continuamente sollecitata dalla varie Amministrazioni Comunali di Rocca d’Evandro che nel tempo si sono succedute. I lavori a farsi sono la premessa indispensabile all’agognato discorso della fruibilità del Garigliano nel tratto più suggestivo, ovvero quello posto a monte dello sbarramento di Suio Terme. Lungo le sue sponde si è snodato un fervido commercio durante tutto il Medio Evo e sino al Rinascimento. Non è azzardato pensare oggi alla sua navigabilità, al ripristino della Scafa di Mortola di cui abbiamo parlato nel precedente numero. Il quasi ultimato restauro del Castello Medioevale, la fruibilità dei Centri Storici di Camino, Cocuruzzo e di Rocca (opere contemplate in vari Progetti avviati, e alcuni in fase di completamento, tra cui spicca quello della “Filiera Turistica Enogastronomia Porta di Ingresso alla Strada dei Vini Galluccio e Falerno”), l’esecuzione non lontana della “Sistemazione Parco Archeologico località Porto di Mola” comprendente, tra l’altro, il rifacimento del porticciolo sul Garigliano, il miglioramento delle capacità ricettive, il sostegno e lo sviluppo delle aziende agricole esistenti con la promozione dei prodotti tipici e la creazione di un piccolo museo di opere ed oggetti antichi presso la riattata Chiesa di Santa Maria di Mortola, proprio con l’apporto delle prospettive offerte dal Garigliano, possono rappresentare un Pacchetto Turistico completo ed armonico con le realtà già presenti nell’Alto Casertano e nel Cassinate. Ugo Marandola
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