L'antichità della frequentazione del territorio di
Rocca d'Evandro è più che un'ipotesi. Il rinvenimento archeologico di un
quartiere artigianale di età tardo-repubblicana e alto-imperiale in località
Porto (Mortola) ha, infatti, fugato ogni dubbio.
Altri materiali sono stati riportati alla luce nel corso del 1997-98 durante
i lavori per la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità, ma i
risultati degli studi effettuati su di essi non sono ancora stati
ufficializzati e divulgati dagli enti a ciò preposti.
Per la verità, nei primi anni del Settecento, su base esclusivamente
leggendaria,
Giovan Battista Pacichelli aveva
collocato la fondazione di Rocca d'Evandro in un'epoca ben più alta: (....).
Il Castello dei
Cedronio, Marchesi di Rocca d'Evandro. Particolare da un
dipinto ad olio su tela del 1885 dell'Ing. Eduardo Verneau.
Al di là delle leggende, che non possono essere, ovviamente, addotte come
prove, e che, seppure avessero un fondamento di verità, non si riferirebbero
comunque all'impianto difensivo oggetto del presente studio (Il castello
diRocca d'Evandro, ndr), ritengo che la
fondazione della Rocca de Vandra debba collocarsi, come la maggior parte
degli impianti analoghi, intorno al X secolo.
È molto difficile e, talvolta, quasi impossibile, fare distinzione, nella
documentazione altomedievale, tra le notazioni che fanno specifico
riferimento alla Rocca de Vandra (attuale Rocca d'Evandro), ubicata
al di là dei fiumi Peccia e Garigliano e quindi nel gastaldato di Vandra un
tempo proprietà
dei Conti di Teano, e quelle che
si riferiscono
invece alla
scomparsa città fortificata di Vandra ( Vantra Monacisca, o Bantra
Monacisca, o Bandra Plana, o Bandra Monachorum, o Bandra Monastica), la
quale era ubicata tra S. Angelo in Theodice e S. Ambrogio sul Garigliano.
L'espressione più ricorrente castrum Bantrae, che fa riferimento all'antico
nome del fiume Peccia (Bantra, Vantra, Bandra, Vandra), non aiuta molto,
infatti, ad identificare il sito, se non è accompagnata da altre indicazioni
territoriali o logiche. Le uniche differenze tra i due castra sono infatti
da ricercare nella differente ubicazione (la Rocca de Vandra è costruita su
un maestoso sperone calcareo ad una quota di circa m. 287, mentre Vandra era
in pianura, o, come dice il Gattola, in colliculo) e nelle diverse
terminologie usate per indicarli (Rocca e arx per Rocca de Vandra,
castrum e
castellum per Vandra anche se, come predetto, in taluni casi i termini
castellum e castrum si trovano riferiti anche a Rocca de Vandra).
Nel Chronicon Vulturnense, compilato dal monaco Giovanni di S. Vincenzo al
Volturno, è registrato un documento De castello in Vantra datato al mese di
luglio 972 con cui «il preposto Leone, a nome di Paolo, abate del monastero
di S. Vincenzo al Volturno, presente il giudice Benedetto, concede a livello
ai figli di Elmerico, di maestro Giovanni, di Audoaldo e ad altri le terre
poste presso il monastero, località S. Angelo e Vantra, perché vi risiedano,
le coltivino, vi fabbrichino case e un castello e corrispondano al
monastero, il primo settembre, il censo annuale di un moggio di grano ed uno
di orzo per ogni casa costruita, una "tractoria" di vino per ogni vigna ed
un maiale su undici ivi nutriti».
Nel suddetto documento, la pertinenza specificamente espressa al monastero
alle fonti del Volturno (pertinens nostromonasterio), la frase
in finibus
loco ubi nominatur ad Sanctum Angelum; et loco Bantra, e,
soprattutto, la descrizione dei confini in cui è nominato
un vadum che non può che essere l'antica scafa di S. Ambrogio sul
Garigliano, mi fanno ritenere che l'espressione De castello in Vantra si
riferisca non a Rocca de Vandra, ma all'altro castello in pianura che,
secondo un altro documento del 10 ottobre 981 sempre registrato nel
Chronicon Vulturnense, fu posto sotto tutela imperiale da Ottone II.
Va infine notato che anche Luigi Fabiani, nel suo celebre studio sulla
Il Castello nel
Gennaio del 1986
Terra
di S. Benedetto, riferisce appunto che «Vandra Monastica (...) compare (...)
per la prima volta, come castello abitato, nel diploma o bolla di Vittore II
[del 1057, n.d.A.] (...). La sua fondazione, quindi, è da assegnare tra la
fine del secolo X e i principi del secolo XI». La Rocca de Vandra,
oggetto di questo studio,cioè il castello di Rocca d'Evandro, fu fondata, a
mio avviso, poco prima o poco dopo la dêbacle
dei Saraceni del 915 e, comunque, prima del 1022, anno della donazione a
Montecassino da parte dell'Imperatore Enrico II (....)
La storia di Rocca
d'Evandro è sicuramente legata al suo castello che, attraverso varie
vicissitudini, è ancora in possesso del monastero di Montecassino nel 1066, anno
in cui, per ordine dell'Abate Desiderio, fu fatta fondere in Costantinopoli una
porta con un pannello raffigurante il territorio in questione nel quale con
tutti i possedimenti dell'Abbazia, risulta anche Rocca d'Evandro. Il castello ha
subito nella storia due terremoti devastanti, nel 1117 e nel 1349. È stato più
volte ricostruito ed è appartenuto a vari proprietari, tra cui il
fisco fino al XV secolo quando è finito il feudalesimo. Agli inizi
del XVI secolo viene dato in concessione dal re Ferdinando a Ettore
Fieramosca, eroe della disfida di Barletta e, in quegli anni, duca
di Mignano. Data la posizione particolarmente inaccessibile, è un
castello ambito da molti e più volte viene utilizzato come rifugio
in situazioni di pericolo incombente. I monaci di Montecassino vi si
rifugiano con tutti i loro tesori per sfuggire all'invasione del
Regno di Napoli da parte di Carlo V, ma la fortezza viene espugnata
dalla potente artiglieria del marchese di Pescara. Donato
successivamente a Vittoria Colonna, vedova del marchese di Pescara, rientra nei possedimenti della
famiglia Sammarco. Dopo l'estinzione di
questo casato viene acquisito alle proprietà del fisco. Successivamente viene
finalmente acquistato da Giandomenico Pelosi per conto della figlia Antonia in
Cedronio. Sotto questo casato il castello risulta ampliato e fortificato. Dal
1980 il castello è di proprietà del Comune che lo acquista per salvaguardarne il
patrimonio storico e recuperarlo come patrimonio culturale della collettività.
Dal 1983 sono stati avviati lavori di restauro sotto la sorveglianza della
Sovrintendenza per i Beni Ambientali, Artistici, Architettonici e Storici di
Caserta e Benevento. La sua posizione strategica, che un tempo lo rese prezioso
per gesta militari, oggi ben si presta ad un uso turistico e culturale.
fonte:
"Guida ai sentieri naturali e all'antica viabilità rurale" -
Comunità Montana "Monte Santa Croce" - Roccamonfina 2002,
pp. 69-70