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Testimonianze

Dott. Filippo Marandola                                  

dal Libro "TRA LE MAINARDE E IL MARE - Dal 1940 al 2000" - Editrice Nuovi Autori - 2003

 

Pag. 90-92  ...Passarono pochi giorni e, una mattina, Giulio fu svegliato dalle grida di una donna che a passo veloce veniva dalla campagna e andando verso il paese gridava: "Se lo son preso, me l'hanno portato via." Giulio si guardò intorno e s'accorse che c'erano delle cose che non andavano. Innanzi tutto davanti casa sua c'era un soldato tedesco con tanto di elmetto e di fucile che era fermo e in silenzio... I tedeschi avevano fatto piantonare tutte le abitazioni, impedendo agli uomini di uscire e che tra poco sarebbero passati di lì i militari in forza e avrebbero portato via tutti gli uomini nati fra il 1900 e il 1925...  Intanto il fermento dilagava:  a parte quella donna che aveva sve-

Dott. Filippo Marandola

1929 - 2004

gliato tutti e che venendo da molto lontano, in campagna, era stata tra le prime a vedersi portar via il figlio, era l'andirivieni dei camion militari che metteva in agitazione. Ogni persona che prendevano, la portavano a un punto di raccolta e Giulio, curioso come tutti i ragazzi, andò fin là a vedere e assistere alla razzia. Quando fu finito il rastrellamento, si passò agli accertamenti. Se qualcuno poteva dimostrare di essere nato prima del 1900 o dopo il 1925 veniva lasciato libero, altrimenti veniva trattenuto. Caricarono quindi tutti sui camions e li portarono via. Al centro di raccolta, in un paese vicino, un paio fuggirono rischiando la vita, gli altri furono deportati tutti. Ma questo si seppe molto più tardi, dopo mesi, quando arrivarono le prime lettere...

 

Pag. 97

 

...E venne il peggio, proprio il peggio del peggio. Volle il destino che il fronte di guerra si dovesse fermare proprio da noi e quello che doveva essere un passaggio veloce si tramutasse in una sosta che doveva durare fino alla primavera avanzata dell'anno seguente. Quella che fino ad allora era stata un'attesa si trasformò di botto in un convulso groviglio di eventi di guerra. L'artiglieria alleata iniziò a martellare sulla zona furiosamente, senza risparmiare boschi, monti o centri abitati. Nessuno s'era accorto che i tedeschi avevano preparato le linee di resistenza proprio da noi. I martellamenti alleati furono improvvisi, intensissimi e a tappeto, tutti i giorni, notte e giorno.
Tutti gli uomini nascosti nei boschi o sui monti dovettero rientrare. Un uomo fu portato a valle con una scheggia di proiettile infissa in una coscia grossa come una banana. Due donne, tra cui quella napoletana che parlava tedesco, andarono a chiedere aiuto al pronto soccorso tedesco nel rifugio dietro la casa di Giulio e così i tedeschi lo portarono in ospedale, nelle retrovie, ove subì l'amputazione dell'arto e di lui si ebbero notizie solo nell'estate dell'anno seguente. Ma in tanti morirono lì, sui monti...
...Pochi giorni dopo che i tedeschi se ne erano andati al di là del fiume noi ci trovammo nella curiosa situazione di stare nella terra di nessuno...

 

Pag. 98

 

 ...Furono un paio di mesi d'inferno, fin quando l'otto dicembre, dopo due o tre giorni di pioggia incessante, il fiume straripò paurosamente allagando tutta la valle comprese le postazioni delle batterie tedesche disposte lungo la strada e tagliando le comunicazioni con le retrovie, per cui i tedeschi furono costretti a lasciare tutto e a ritirarsi al di là del fiume. Per tutto questo periodo, intanto, i soldati tedeschi, sfruttando un costone presente, che per il suo orientamento era al riparo dalle cannonate americane si erano messi proprio di fronte alla grotta ove era tutta la popolazione e avevano occupato dei piccoli rifugi che erano là, contro vento rispetto al nemico...

 

Pag. 99

 

...I tedeschi stavano al di là del fiume e solo di rado, di notte, usando dei battelli di gomma, tornavano dalla nostra parte e magari portavano via qualche uomo, come successe più di una volta, ma i soldati inglesi stavano dietro di noi. Infatti era la fanteria inglese a gestire la prima linea nella nostra zona, mentre gli americani gestivano l'artiglieria e quindi stavano dietro i monti. I soldati inglesi avevano stabilito i loro avamposti, cioè la prima linea, dietro di noi, per cui noi ci trovavamo oltre la prima linea inglese. Solo la presenza del fiume ci faceva appartenere ai territori liberati; d'altronde questa posizione permise alle famiglie napoletane sfollate e capitate fra noi di andarsene subito a Napoli...

 

Pag. 103

 

...La macchina da guerra tedesca era enormemente superiore. I tedeschi erano di una precisione millimetrica.
Con un solo colpo di mortaio colpivano l'obiettivo, tante volte lo notammo. Ma il sostegno, più che di uomini, di mezzi, avuto dagli americani non poteva non dare i suoi frutti. Pensate, appena a dieci chilometri dal fronte, parcheggiavano centinaia di carri armati pronti a partire all'attacco e arrivava già un oleodotto del diametro di 100 mm capace di vomitare benzina sufficiente a provocare un allagamento. Il volume di fuoco che poteva dare l'artiglieria americana faceva paura.
Anche se imprecisi, anche se a Montelungo per esempio invece di sparare sul nemico spararono sui poveri soldati italiani che erano lì per conquistare la cima del monte e contribuire così di fatto a dare la nostra partecipazione alla lotta al nazifascismo e morirono centinaia di soldati; come per esempio anche il 15 febbraio, quando molte formazioni aeree invece di prendere di mira la montagna di Montecassino, scaricarono le loro bombe su Venafro che dall'alto si vedeva quasi uguale all'obiettivo che avrebbero dovuto colpire: gli americani, dicevo, avrebbero dovuto vincere comunque proprio per la immensa forza d'urto ed è per questo che i bombardamenti americani erano sempre a tappeto. Il fronte, visto dalla parte americana, doveva essere un fiume in piena: doveva travolgere tutto per il numero e con l'enorme disponibilità di mezzi. Lo avevamo vissuto sulle nostre spalle, fino a dicembre; ora la lava di fuoco si riversava sui paesi subito al di là del fiume, senza badare a spese...

 

 

Pag. 104-106

 

...Lo zio Carmine era venuto perché voleva un po' di quel vino bianco, molto buono, che il padre di Giulio faceva ogni anno. Lo voleva perché loro riuscivano facilmente a passare la montagna e andare dietro, dov'erano gli americani. Cambiavano il vino con altre cose: alimenti, coperte, vestiario. Si misero in spalla una tanica da venti litri ciascuno, piena, e andarono via.
Già il giorno dopo Giulio e Rocco vollero tentare anche loro l'avventura. Due bottiglie di vino ciascuno, una davanti e una di dietro sulla spalla, indovate in due maniche di camicia. Non passarono, però, dove aveva detto che passava lo zio Carmine, attraversarono la montagna direttamente, dirigendosi verso sud-est.
Nel salire non trovarono niente di particolare: a eccezione della casa alle Vignole, sbranata dalle cannonate e dove erano morte tante persone che dal centro storico vi si erano rifugiate, pensando di essere più al sicuro, non altro....

Mentre scendevano, il sentiero li portò a un pianoro, uno di quelli usati dai carbonai per fare i carboni. Nella piazzola, disteso a terra, c'era un soldato tedesco ancora attaccato alla sua lunga mitragliatrice, disteso, con volto in giù, come per mirare ancora, morto forse un paio di mesi prima, proprio durante la battaglia di Montelungo. Le carni scoperte erano tutte nere, ma a via del freddo, non erano per nulla decomposte. Il suo corpo, nello strazio della morte, aveva fatto un intero giro su se stesso: i piedi, cioè, stavano a punta in giù, il viso era volto in giù, ma il corpo aveva fatto un intero giro su se stesso. Rocco e Giulio guardarono e con la gola stretta passarono oltre. Cento metri più avanti ebbero un brivido: lungo il sentiero, in un angolo umido, sotto una cresta, c'era un soldato tedesco morto, messo accovacciato seduto su una mina tedesca anticarro, una di quelle simili a una pagnotta di pane da due chilogrammi, che imbracciava un fucile mitragliatore puntato verso chi veniva dal sentiero.
Era appoggiato con la schiena alla roccia. Aveva l'elmetto in testa. Era in assetto di guerra, con il fucile mitragliatore sulle ginocchia alte da terra. Il viso nero e contratto, i denti sporgenti: sembrava vivo e adirato. I ragazzi si fermarono di scatto, poi capirono e gli passarono vicino. Pochi metri più avanti, tre croci indicavano i corpi di tre soldati americani morti e sepolti. Sulle croci i nomi dei tre soldati e gli elmetti posti sulla sommità delle croci. Scesi giù a valle, oltrepassarono i binari della ferrovia e trovarono un accampamento di soldati indiani. Pensate, soldati indiani! Rocco e Giulio videro allora per la prima volta la pizza alla napoletana cioè cotta direttamente sul fuoco senza la teglia, o meglio, videro le focacce che gli indiani stavano cuocendo su una larga lastra di ferro sotto la quale avevano acceso il fuoco. Sembrava veramente l'accampamento di una tribù indiana...

Un militare si radeva con il necessario appoggiato sul cingolo di un grosso carro armato «One bottle wine, two can beef.» Così aveva fatto imparare a memoria il padre di Giulio e Giulio le pronunciò senza dire altro. Il soldato prese una bottiglia in mano, tolse il turacciolo e assaggiò. Poi chiamò: «Mike!» Mike venne, si parlarono e chiamarono gli altri con cui Mike stava parlando prima. Conclusione: otto scatolette di "corned beef" contro le quattro bottiglie di vino. Dalla gioia per poco i due ragazzi non si fecero la pi-pi sotto, misero due scatolette di carne al posto di ogni bottiglia e andarono via.
Giulio si fece regalare un lametta da barba. "Gillette" portava scritto sopra. Era il primo approccio a una tecnologia nuova ed entusiasmante. Egli non conosceva le lamette da barba, aveva visto sempre solo i rasoi da barbiere. Molte volte ripetettero questi viaggi della speranza, però in seguito passavano là dove aveva detto lo zio Carmine. Era una strada molto più pericolosa perché rasentava le prime linee tedesche...
 

 


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